L'ira, o peggio lo scatto d'ira, è davvero la più vieta e immatura delle umane reazioni, segno di impotenza, per lo più, di vigliaccheria, in altri casi, o di insana dipendenza da quel 'flash' psichico che genera.
Non bisogna mai scrivere quando si è preda di una passione, meno che mai quando si è sotto la spinta dell'ira. E tuttavia può essere interessante, in qualche caso, ripensare all'energia scatenata dall'ira e cercare di riviverla dentro sé come stimolo per riprendere a scrivere se qualche delusione ha frenato o interrotto la piena attività.
Così, tramite la disciplina della scrittura, anche un 'peccato' odioso come l'ira può tradursi in una virtù (e viceversa).
2 commenti:
Ma scrivere (scrivere a mano, scrivere DAVVERO) è necessario quando si è preda dell'ira: come il parafulmine la matita attira il lampo d'ira, lo concentra, lo canalizza, lo trasforma in tratto. Tratto guizzante acuto inaspettatamente leggero, tratto lungo e sfilacciato verso le righe successive e precedenti. Tratto carico di elettricità. Ed è bello sfogliare il quaderno e rivedere quei tratti e intuire lo stato d'animo solo dal tratto aguzzo delle g lanciate delle f senza ricciolo delle z che come uncini aggrappano una riga all'altra per non farla scappare volare libera, con rabbia. Anche scrivere AAAARRRRRGGGGHHHH è necessario, per dare voce all'ira. Nessuno sentimento dovrebbe essere rinchiuso dentro di noi.
Pau
Tutto vero, ma quello è lo scrivere per così dire 'terapeutico', e non c'è dubbio che sia salutare.
E' ben difficile però che un testo composto sotto la spinta dell'ira sia davvero un piacere per chi legge: troppo contratto, troppo concitato, troppo comprersso, poco sviluppato. Per scrivere una scena di ira potente e credibile, per esempio, occorre essere in una condizione di totale neutralità emotiva. Solo così si possono cogliere e suddividere tutti i passaggi fisici, verbali, mentali, per poterli poi graduare affinché il lettore goda appieno della potenza generata dall'ira.
M.
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