domenica 27 aprile 2008

il senso della misura


Può accadere che un autore ingenuo sogni la gloria, la stima, il rispetto del mondo...

Poi, magari, scopre che questa fantomatica gloria, se mai esiste, è circoscritta alla ristretta cerchia dei lettori, e nemmeno tutti, ovviamente. Per il resto del mondo, chi scrive è al più una persona eccentrica o stravagante, se non proprio squlibrata. Un esempio: il monumento che ricorda il grande letterato Niccolò Tommaseo è chiamato sbrigativamente dai veneziani il ‘cagalibri’ (forse una parte di colpa ce l’ha anche lo scultore, ma non del tutto...).

Don Chisciotte




Un parcheggio come tanti, un cartello stradale e un lampione, ma nell'ombra, ecco, all'improvviso, ti appare Don Chisciotte...

domenica 20 aprile 2008

il nome delle cose


Sento un rumore acuto e gracchiante: cerco subito di dargli il nome (stridore, crepitio...). Vedo una testa di capelli corti: tento di descrivere quei capelli o di trovare l'immagine che li evoca ('fitti e duri come la schiena di un riccio'). Guardo il monumento e provo a dare un nome a quel suo colore, e se non trovo il colore invento lì per lì il 'color monumento'.
Chi scrive deve dare un nome a tutto ciò che vede, che sente, che tocca, deve nominare ogni percezione, definire tutti gli scenari che gli cadono di fronte lungo il giorno, trovare le metafore adatte a evocare questo o quello, scegliere e nominare i dettagli che da soli evocano la scena o il luogo in cui si trova.
Questo esercizio va fatto sempre, in ogni istante, ovunque. Soltanto così, all'atto di scrivere, le parole salteranno fuori, le immagini balzeranno vivide sulla pagina.

lunedì 14 aprile 2008

parole che non parlano


Tutti hanno sentito parlare del famoso ‘linguaggio non verbale’, secondo cui le parole di chi ci parla contano solo per il sette per cento ai fini della comunicazione, mentre paiono determinanti il colpo d’occhio iniziale, la postura del parlante, il suo tono di voce, il timbro e così via.
Ciò che pochi sanno è che questo principio vale anche per i testi scritti. “Ma lì ci sono solo parole” sento obiettare. Certo, ed è proprio con queste che il bravo autore riesce a fornire l’equivalente del ‘colpo d’occhio’, con il sapiente dettaglio, per esempio, o il paraverbale, con l’espediente del ‘tono’.
Alle corte: molte parole, in un buon scritto, devono avere un ruolo analogo a quello del ‘linguaggio non verbale’, differite e silenti, come un gatto che dorme.

forbici


Sto svolgendo l’ennesima revisione del mio nuovo giallo Veleni al Lingotto.
A ogni rilettura – lo noto solo adesso – cancello i (pochi) passaggi che definiscono i caratteri psicologici dei personaggi, lasciando che siano soltanto i fatti narrati, i gesti e le parole a dare indicazioni. Certo, di tanto in tanto queste amputazioni mi fanno soffrire, ma quanto ci guadagna, infine, il testo.
Alle corte: le forbici sono utili quanto le parole, in un romanzo.

il dettaglio


E’ il singolo dettaglio, lasciando sfumato il contorno, che rende vero e vivo il personaggio.

La descrizione minuziosa e totale, al contrario, farà pensare a una statua, mentre la semplice presenza di capelli mossi dal vento, senza altri dati, può alludere al vero.

mercoledì 2 aprile 2008

equilibrio


Gli elementi che concorrono a dare equilibrio a un testo non devono necessariamente essere omogenei (dialogo, descrizione e simili): è sufficiente governare le forze, anche non affini tra loro, che agiscono nello scritto (profondità psicologica che bilancia esilità di intreccio, per esempio).