Il pensiero - vale a dire ciò che penso, le mie
idee, le sensazioni, i progetti - è come un treno: può contenere cose e
persone, ma per muoversi ha bisogno dei binari. E i binari sono le strutture
sintattiche su cui faccio procedere le frasi compiute, le
parole, i periodi, le congiunzioni, gli avverbi con cui formulo e do forma al
pensiero, anche il più banale. Soltanto in questo modo il pensiero, perlomeno
il mio, può arrivare a destinazione, ovvero definirsi ed essere compiuto. Ma
soprattutto, soltanto affidando il pensiero a una forma strutturata in frasi
definite riesco a capire esattamente ciò che sto pensando. In assenza di
binari, le cose e le persone contenute nel pensiero si affollano sulle
pensiline in disordinata e irritante attesa, in una confusione di volti e di
oggetti da cui non è facile separare il proprio dall'altrui. Alle corte: per
sapere che cosa si pensa occorre pensare in forma scritta.
sabato 28 febbraio 2015
venerdì 27 febbraio 2015
Scrivere 10
Certo - gli ho detto - anche per la scrittura si
tratta proprio di questo, di entrare e di uscire dalle cose che ci circondano
con un atteggiamento lieve, giocoso. Non sa quanti autori, giovani e non,
magari anche dotati, risultano alla fine impotenti o bloccati proprio per la responsabilità (del tutto autoriferita) che sentono collegata
all’atto di scrivere. Potremmo quasi dire che siamo in una zona affine
all’ansia da prestazione, per stare nel solco psicologico a lei caro. E invece
è proprio da una posizione più leggera, disincantata e anche un poco
autoironica che può nascere un lavoro buono, composto con muscoli rilassati e
senza mire di eternità, pur nel rispetto dell’impegno e della serietà che ogni
gioco giocato davvero richiede. Alle corte: è come
con il solitario, che esige la massima concentrazione nella certezza di
svolgere un atto superfluo.
mercoledì 25 febbraio 2015
Scrivere 9
Come una casa è composta in gran
maggioranza dal vuoto; come il nostro corpo è al settanta per cento acqua, così
l'attività dello scrittore è costituita in gran parte dall'ozio. Provate a
togliere il vuoto alla casa. Provate a togliere l'acqua al corpo.
Scrivere senza avere a lungo bighellonato intorno all'idea, scrivere senza aver prima girellato con la testa vuota di qua e di là, scrivere senza avere perso tempo vicino ai mille possibili sviluppi, scrivere senza aver vegliato a lungo su ogni frase, scrivere senza aver lasciato sedimentare i brani produce edifici invivibili, corpi secchi.
Scrivere senza avere a lungo bighellonato intorno all'idea, scrivere senza aver prima girellato con la testa vuota di qua e di là, scrivere senza avere perso tempo vicino ai mille possibili sviluppi, scrivere senza aver vegliato a lungo su ogni frase, scrivere senza aver lasciato sedimentare i brani produce edifici invivibili, corpi secchi.
martedì 24 febbraio 2015
Scrivere 8
C’è da dire una cosa: quando si soffre si ha la sensazione
di diventare più ‘sensibili’, e si tende perciò a scrivere di quello stato, da quell’apparente privilegiato punto di osservazione, così ricco di sfumature. È
un errore. Quando si soffre non si diventa affatto più sensibili, ma molto
molto meno capaci di cogliere i profili della realtà. Faccio un esempio: se ci
ustioniamo, la parte colpita sembra diventare più sensibile, ma in realtà è soltanto
reattiva, fa male appena la sfiori, ma è incapace di riconoscere il caldo dal
freddo, il liscio dal ruvido eccetera, perché il solo contatto produce dolore.
Così accade con le cose della testa (o del cuore, per quel che vuol dire).
Quando fa male da quelle parti crediamo di essere più sensibili, ma siamo solo
più reattivi. Scrivere di quella particolare reattività è un errore, perché ciò
che ne esce è soltanto la prova di una cieca reazione, già mille volte
descritta e di solito inutile e noiosa per chi legge.
Insomma, in attesa che passi la bufera bisogna continuare a
scrivere come se la bufera non ci fosse. Alle corte: niente intimismi e simili,
mai.
Scrivere 7
"Certi giorni non so proprio cosa scrivere," mi
dice un giovane autore, "eppure so che voglio scrivere..."
Quando ciò accade, ho risposto, si può provare a partire dalle affermazioni più piccole, dalle particelle elementari della narrazione, equivalenti nel campo chimico alle molecole, traendole magari dal più ordinario degli scenari. A esempio, la formula di partenza potrebbe essere: "Devo lavare il lampadario." Da questa banale premessa la scrittura può prendere le mosse per semplici processi conoscitivi: "Perché devi lavare il lampadario?" La risposta può essere: "Perché è sporco." E allora si procede con le domande: "Perché se il lampadario è sporco lo devi lavare?" Risposta: "Perché se no non vedo più..." Cui segue la domanda ulteriore: "E che cosa c'è di così importante o di così nuovo da vedere?" Risposta: "Non saprei... Forse niente...".
Quando ciò accade, ho risposto, si può provare a partire dalle affermazioni più piccole, dalle particelle elementari della narrazione, equivalenti nel campo chimico alle molecole, traendole magari dal più ordinario degli scenari. A esempio, la formula di partenza potrebbe essere: "Devo lavare il lampadario." Da questa banale premessa la scrittura può prendere le mosse per semplici processi conoscitivi: "Perché devi lavare il lampadario?" La risposta può essere: "Perché è sporco." E allora si procede con le domande: "Perché se il lampadario è sporco lo devi lavare?" Risposta: "Perché se no non vedo più..." Cui segue la domanda ulteriore: "E che cosa c'è di così importante o di così nuovo da vedere?" Risposta: "Non saprei... Forse niente...".
Come si vede, queste semplici battute hanno già innescato un
minuscolo processo narrativo, un testo dialogante. Basta svilupparlo,
continuare a fare domande, scavare in profondità o lateralmente. Alle corte:
anche la frase più insulsa è l'inizio di una storia.
domenica 22 febbraio 2015
Scrivere 6
C’è qualcuno convinto che vi sia un legame fra
l’atto di leggere e l’atto di scrivere. Ma io mi chiedo: che c'entra leggere
con scrivere? Sarebbe come dire che andare in bicicletta è un po’ come
costruirla. Si tratta sempre di una bicicletta, di quella stessa
medesima bicicletta, ma chi pedala prova sensazioni diverse da chi la costruisce. E sono esperienze diversissime. Non solo, ma chi va in bicicletta può ignorare tutto della
costruzione del mezzo, e divertirsi un mondo. E chi la fabbrica può anche non
salirci mai, se non il per collaudo, trovando assai meno piacere nel cavalcarla
che non nell’assemblare i pezzi che ne permetteranno l’agile e frusciante moto.
Scrivere 5
Scrivere un racconto è più
difficile che scrivere un romanzo.
Tutti conoscono questo noto ritornello. Tempo fa nacque addirittura un piccolo evento letterario intorno al più breve racconto
del mondo: “Quando si svegliò, il dinosauro era ancora là”, di Augusto Monterroso.
Ma in che cosa consiste questa difficoltà che
caratterizza i testi brevi? Perché un racconto breve è ‘più difficile’ di un
lavoro più lungo?
Forse, una delle ragioni è che nella brevità vengono
sacrificate le facoltà panoramiche del raccontare. Ma il lettore, ogni lettore,
è come un drogato, e pretende che l’atto della lettura gli dilati un bagliore
nella testa, gli regali, appunto, un panorama da osservare (uno scenario,
un’idea, un eccesso, va tutto bene). Ma come si fa, in poche righe, a mostrare
tanto? Si deve ricorrere a qualche trucco, si deve ‘alludere’ a un panorama, si
deve dire qualcosa che evochi qualche altra cosa. E riuscire a far vedere ciò
che non è nemmeno detto, è davvero un artificio complesso e delicato.
sabato 21 febbraio 2015
Scrivere 4
L’esperienza dello scrittore è simile a quella di
chi decora e imbianca un salone: lavora tra la polvere e le macchie con un
cappello di carta in testa, una scala traballante e fogli di giornale sul
pavimento. Il lettore è colui che entrerà nel salone a lavori ultimati e
resterà ammirato dall’equilibrio cromatico, dalla pulizia, dalla bellezza.
giovedì 19 febbraio 2015
Scrivere 3
L’atto di scrivere esige dal suo autore una alta
dose di presunzione e una altrettanto elevata parte di umiltà. Ma attenzione:
umiltà e presunzione devono essere presenti, durante l’atto di scrittura, nella
stessa identica quantità, dosate al millesimo di grammo e distribuite con la
medesima energia al momento di scegliere tono e parole. Infatti, un eccesso di
presunzione conduce a una esposizione ricamata o addirittura spocchiosa. Mentre
se prevale l’umiltà il testo risulta onesto e pallido, privo di quella fiamma
interna che anima ogni opera autentica e che chiamiamo stile.
mercoledì 18 febbraio 2015
Scrivere 2
G. mi domanda: “Credi che io sia
portata per la scrittura?”.
Risposta:
E’
impossibile rispondere a questa domanda con un sì o con un no. La scrittura è
una competenza che si può acquisire a condizione che si accettino due
condizioni di partenza:
-- quanto sei
disposta a faticare, per la scrittura, in termini di lavoro quotidiano, ovvero progettare un lavoro, ridurlo in frazioni minime, stendere le prime parti,
modificare l’assunto, lavorare su ogni frase e sul quadro generale, non
arrendersi se per giorni non si sa più che fare, avere il coraggio di
cancellare tutto e ricominciare, darsi obiettivi quotidiani rigorosi, restare
per alcuni mesi come ‘sospesi’ pensando solo al testo, rileggere e rivedere…?
- sei disposta a
rinunciare ai tuoi ‘tic’ espressivi, alle tue abitudini sintattiche, a ciò che
già credi di sapere sulla costruzione del testo, e cominciare a scrivere con
uno stile neutro, non personale (da cui poi potrà magari emergere la tua voce,
non mediata da echi altrui)?
martedì 17 febbraio 2015
Scrivere 1
Tutti parlano.
Chiacchierano, litigano, si confidano, discutono, qualcuno conciona, altri
dialogano.
Può sembrare
naturale che si possa scrivere con la stessa facilità. E invece no. Appena si
comincia a scrivere si è già meno rilassati, alcuni avvertono addirittura come
un blocco, una difficoltà e spesso non cominciano nemmeno. Qualcuno potrebbe
suggerire di registrare i nostri dialoghi più appassionati, più vivaci e
divertenti, per avere bello e pronto un testo di prima qualità. Si faccia la
prova, e si vedrà che anche quel testo, così scintillante nella realtà, suona
molle e insipido, sulla carta.
Come mai?
Il fatto è che
parlare e scrivere non sono la stessa cosa. Nella lingua parlata applichiamo
meccanismi acquisiti nell’infanzia, li replichiamo in un modo che ci pare ormai
istintivo, sicché ognuno di noi parla con un discreto grado di naturalezza.
La scrittura,
invece, è un artificio totale, paragonabile all’azione del giocoliere, del
funambolo, del prestigiatore. Ecco perché quel brillante dialogo orale diventa
sciocco appena viene calato sulla pagina: per potere essere trascritto
fedelmente, quel dialogo, deve essere tradotto nella lingua della scrittura,
deve essere impastato con gli artifici e le tecniche, e soprattutto le malizie
e i trucchi di quel mezzo. Bisogna far vedere e nascondere, dire e lasciare
immaginare, procedere spediti e poi improvvisamente rallentare, quasi fermarsi,
per poi scattare nuovamente.
Scrivere
significa impadronirsi di queste malizie.
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