mercoledì 30 luglio 2008

pennellate di parole


P.G.B. mi scrive per segnalarmi che in un suo giro in Langa ha sentito un modo di dire, usato dai vecchi del paese, per definire un trapasso sereno, dopo una lunga e sana vecchiaia: si è svegliata morta. L’efficacia è senza dubbio straordinaria (e in dialetto rende ancora di più, ovviamente).

La sera prima, L.T., in un gaio cenare, mi ha riportato una esilarante citazione tratta da Andrea G. Pinketts, dove si parla di una immaginaria località lombarda: Vergate sul Membro. Meravigliosa trovata.

Ecco uno degli aspetti più gradevoli della attività scrittoria: gli amici ti riportano le perle espressive del mondo, i tesori lessicali. Ce n’è da diventare ricchi (latu sensu...).

venerdì 25 luglio 2008

giochi visivi


Gli sfalsamenti visivi e i paradossi prospettici sono utili perché mantengono viva la pratica di vedere altro in quel che osserviamo. Del resto, uno degli obiettivi di chi scrive dovrebbe essere quello di rendere visibile ciò che si nasconde nelle pieghe dell'evidenza (e a ben guardare, l'evidenza risulta davvero più ricca di ombre che di luce...).

Non solo: l'atto stesso di scrivere svela aspetti ignoti di sè; svela i nostri limiti o le nostre possibilità in una misura di cui non avremmo avuto chiara nozione se non ci fossimo messi alla prova. Scrivendo, scopriamo così di essere noi stessi intimamente costituiti di illusioni ottiche, di oggetti nascosti, caratterizzati da false prospettive, da piani sfalsati...

martedì 22 luglio 2008

la terza dimensione



La percezione della profondità, delle tre dimensioni, è una elaborazione del cervello, come è noto: i nostri occhi, tecnicamente, vedono un quadro appiattito, che i neuroni trasformano nella realtà elaborando le linee prospettiche e organizzando le distanze.

Ora, chi scrive deve riuscire a dare al lettore lo stesso senso di profondità spaziale (ovvero la dimensione del reale), sapendo però che non può contare sul gioco naturale svolto dalla coppia occhi-cervello di chi legge.

Ma come si ottiene la ‘terza dimensione’ in letteratura? Non esiste una formula unica o magica, ovviamente, ma credo che abbia un valore importante, in questa faccenda, la capacità di alludere, dove si può, più che di descrivere. Grazie alla sapiente allusione, infatti, il lettore è obbligato a completare da sé ciò che nel testo non è detto, è portato a spingere più in là l’immaginazione, producendo nella sua mente l’equivalente dello sfondamento prospettico.

domenica 20 luglio 2008

Medio Evo...


Pare che si leggano sempre meno libri, in Italia. E guardandosi attorno sembra proprio che sia vero. I giovani vivono nel e sul web, dove l’atto del guardare sostituisce il gesto di leggere (sul web anche la lettura avviene nel modo del ‘guardare’). Moltissimi adulti, in questo nostro paese, si agitano come api in mille attività frenetiche, ma non leggono, non sanno ‘stare’, se non davanti alla tv, per guardare.
E io continuo a scrivere.
Alle corte: nel Medio Evo i lettori erano davvero pochi, in un mondo di analfabeti, eppure c’era chi scriveva, no?
(Foto di J-J Fin)

scomparsa


Ho iniziato il nuovo romanzo.
Sono solo alle prime pagine, ma già sento il caratteristico cambiamento di ‘polarità’, nella mia vita. Le cose di sempre mi appaiono lontane, i rapporti con le persone si diradano, rimando gli impegni, le notizie mi annoiano... Tutto ciò che attiene al ‘giorno’, per dirla in una formula, sta come ingrigendo, sfumando. Piano piano, la vita del romanzo, come un vampiro, succhia linfa alla vita reale rendendola anemica e insulsa.
Alle corte: scrivere è una disciplina che richiede tecnica, costanza, volontà, ma che esige, sopra ogni altra qualità, la forza per accettare la scomparsa del mondo e dal mondo, senza la quale - almeno per me - il testo suonerà posticcio, artificiale.
(Foto di J-J. Fin)

martedì 15 luglio 2008

vele spiegate


Che cos’è, alla fine, che fa ‘andare avanti’ un testo, che cos’è che invoglia a continuare la lettura? Come per il tempo in Agostino di Ippona, se non me lo chiedi lo so, se me lo chiedi non lo so. In genere sappiamo che un testo ci cattura e un altro ci annoia, ma non è facile dire con precisione da dove venga la spinta a proseguire.

Che sia la sintassi (come credo io) a dare energia propulsiva alla scrittura, che sia la capacità di far camminare la storia o altro, è però necessario che questa energia assuma un carattere rotondo e plastico, e soprattutto silenzioso, capace di ‘gonfiare’ il testo facendolo muovere senza attriti interni, proprio come fa il vento con le vele. Niente a che vedere con il burbero e chiassoso rodere dei motori… (foto di J-J. Fin)

lunedì 14 luglio 2008

risorse


Leggere, tra le altre cose, permette di accedere e penetrare in profondo all’interno di altre personalità, di altri caratteri umani, diversi anche le mille miglia dal nostro. Già, perché ognuno di noi, bene o male, col tempo, non fa che affinare e perfezionare la sua unica e singola personalità, grazie alla quale reagirà in un preciso modo (e solo quello!) ai casi del mondo.

Ma affrontare le mille insidie del mondo con una sola personalità è davvero perdente.

Invece, se hai letto molto, e se hai davvero fatto vivere in te i mille personaggi dei romanzi, ecco che hai a disposizione una riserva di comportamenti, e potrai scegliere la reazione più giusta per ogni situazione, calandoti di volta in volta nel personaggio che meglio l’ha affrontata. Così, un giorno, in una contesa amorosa, potrai esibire la timidezza del principe Myskin, se necessario, e un altro giorno potrai adottare la scaltra e sbrigativa maniera di Georges Duroy, in un’altra situazione. E che dire di poter usare i modi di Bartleby, in ufficio, quando serve?

martedì 8 luglio 2008

ira


L'ira, o peggio lo scatto d'ira, è davvero la più vieta e immatura delle umane reazioni, segno di impotenza, per lo più, di vigliaccheria, in altri casi, o di insana dipendenza da quel 'flash' psichico che genera.

Non bisogna mai scrivere quando si è preda di una passione, meno che mai quando si è sotto la spinta dell'ira. E tuttavia può essere interessante, in qualche caso, ripensare all'energia scatenata dall'ira e cercare di riviverla dentro sé come stimolo per riprendere a scrivere se qualche delusione ha frenato o interrotto la piena attività.

Così, tramite la disciplina della scrittura, anche un 'peccato' odioso come l'ira può tradursi in una virtù (e viceversa).