sabato 28 febbraio 2009

ancora un altro


Continuo a leggere manoscritti inediti.
M. R., che scrive in italiano ma è di lingua madre spagnola, ha imbastito un lavoro serio, puntando sulla forza che trasmette, in genere, l'onestà intellettuale. Ha affrontato temi assoluti e li ha toccati con mano leggera e al tempo stesso senza infingimenti, senza dolcificanti, per dirla così.
Ma ciò che mi preme dire, qui, è che nelle pagine di M. R. non ho trovato un solo errore di ortografia, nemmeno uno svarione grammaticale, nessun cedimento sintattico. Alle corte: M. R. non apostrofa 'un altro', cazzo!
L'italiano salvato dagli stranieri?

un altro...


Terzo incontro... Prima su due manoscritti inediti, oggi su un quotidiano.
Non credo di essere ipersensibile, e nemmeno di sognare chi sa quale purezza della lingua, ma non riesco più a sopportare la vista di 'un altro' con l'apostrofo. Non posso inghiottire proprio tutto...

mercoledì 25 febbraio 2009

è il testo che desidera, non l'autore

Il desiderio di pubblicare è legittimo, dicevo, ma dovrebbe essere un desiderio esclusivo del testo, non dell'autore. L'autore, come un buon tutore, dovrebbe valutare se il desiderio del testo è legittimo o se è una fantasia poco praticabile (come a esempio quella di un bambino che chiede di guidare un elicottero, spinto dalla visionarietà che tutto può). E poi, dopo aver analizzato bene le richieste del testo, l'autore deve spendersi per il bene del testo stesso, cercandogli con distaccata serenità un editore o dicendogli che deve ancora crescere un po'. Soltanto in questo modo il desiderio di pubblicare assume una valenza concreta e salutare, legata davvero al testo, e non scivola nell'àmbito psicologico, dove il bisogno di affermazione di sé è omologabile a quello di chi fa i provini per il GF.

sabato 21 febbraio 2009

radici


Le radici... Per scrivere bisogna passare attraverso le proprie radici, è vero. Ma si tratta delle radici lessicali, delle forme sintattiche 'naturali', dei modi espressivi acquisiti. Bisogna attraversare queste radici, esplorare i propri artifici retorici, quasi involontari tanto sono propri, per poi staccarsene e risalire fino a giungere a un proprio altrettanto ramificato stile. Queste sono le radici dello scrittore. Niente a che vedere con l'infanzia, il quartiere, i conflitti più o meno roventi e stupidaggini simili.
(Foto di JJ. Fin)

domenica 15 febbraio 2009

scrivere per ridere

Da ottobre ad aprile, tutti i martedì, tengo un corso di scrittura al centro Zoe di Moncalieri. E' un corso anomalo, dove non propongo teorie e non illustro trucchi tecnici, ma mi limito a 'far scrivere', invitando i miei arzilli e non giovani allievi a 'spararla grossa' (così non scatta la paura del giudizio, il senso di inadeguatezza). Bene, in quegli incontri si ride e si scrive con gran gusto, con fisica felicità. Nemmeno uno di loro è lì con il segreto desiderio di pubblicare, ognuno di loro vuole davvero soltanto trarre beneficio dall'atto di scrivere, un beneficio che ho incanalato nella forma della piena risata, nella forma di una parziale vittoria della fantasia più sfrenata e irregolare sulla realtà, almeno per novanta minuti a settimana.
Sono io che imparo.

prepuzio

...e poi bisogna leggere, e districarsi nel gran mare delle uscite, per poter leggere ciò che vale e che varrà, per non doversi pentire del tempo perso.
E non ho perso tempo, senza dubbio, leggendo Il lamento del prepuzio, di Shalom Auslander. Si tratta di un consiglio che ho ricevuto, e che giro ben volentieri.

mercoledì 4 febbraio 2009

olfatto e udito

"Amo aprire i libri e annusarli, sentire l'odore della carta...".
Quando sento questa frase smetto di ascoltare e penso ad altro.

pubblicare


Il termine con cui Facebook invita ad aggiungere elementi quali scritti, foto, commenti o video è 'pubblica'. Chi pubblica su Facebook ovviamente non sostiene di avere pubblicato, così come lo intende lo scrittore. Ebbene, io credo che in un tempo non troppo lontano l'unico modo di pubblicare sarà proprio quello suggerito da Facebook. E così finirà la dannazione per chi si consuma nell'attesa di una risposta da parte dell'editore. Perché poi, alla fine, un testo, sia che galleggi in rete o che resti incagliato in uno scaffale, è un relitto che servirà forse a qualche naufrago, o forse a nessuno, per restare a galla un giorno in più.
(Foto di JJ. Fin).