lunedì 29 settembre 2008
fammi vedere!
Paolo Travers mi chiede se sia meglio conoscere per esperienza vissuta i posti dove si svolge una vicenda narrata oppure se un bravo narratore dovrebbe prescindere da una definizione dei luoghi troppo precisa. Ritengo che la risposta unica non ci sia. Calvino diceva di scrivere solo di ciò che si conosce, ma Salgari ha scritto dell'Asia senza mai essere andato oltre Verona. Io preferisco la teoria di Calvino, ma sto scrivendo un romanzo ambientato a Venezia (che conosco bene), dove però una scena si svolge su un’isola che non ho mai visto… Ciò che conta, a mio parere, è la credibilità interna che riesco a dare al mio testo, e questa credibilità interna dipende senza dubbio dai dettagli che riesco a ‘far vedere’ a chi legge (e se conosco il posto i dettagli saranno precisi), ma si innesca davvero solo quando questi dettagli sono presenti, come tracce generali, nella testa di chi legge. Detto diversamente: posso descrivere perfettamente un luogo, perché lo conosco, ma se chi legge non ‘vede’ nulla è perché non ho scelto, per la mia descrizione, quei tratti in comune fra il luogo descritto e l’esperienza di chi legge (ovvero di chiunque!). Salgari racconta la giungla con elementi descrittivi che sono già dentro di me, ed io perciò ‘vedo’ i luoghi.
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2 commenti:
Come a dire che la descrizione è 'dentro' al lettore. Fin troppo facile scrivere qualcosa di Venezia: è nell'immaginario di tutti. Asti o Cuneo potrebbero rappresentare una sfida ben maggiore :-) Scherzi a parte. Sto leggendo Saramago, e la mia mancanza di esperienza di Lisbona mi crea qualche problema a tener dietro alle passeggiate di Ricardo Reis.
Sì, lo scrittore deve essere un maieuta.
Circa Lisbona, è colpa di Saramago: se non riesce a 'farti vedere' la città è perché non ha intercettato i tuoi sfondi. Per Venezia, invece è più difficile, proprio perché tutti hanno già immagini in testa, ma sono immagini standard, da cartolina, e invece chi scrive deve dare il senso del concreto, del dettaglio.
A presto.
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